Il tramonto di mattina.

Mi sveglio di soprassalto, con il cuore che mi batte a mille. No, non era un incubo, anzi... 
Cerco la sveglia accanto al cuscino, ma urto qualcosa: 'Cavolo!', il computer è sul letto, mi sono addormentata perchè ero stremata e l'ho lasciato lì! Per fortuna non è caduto...
Mi giro su me stessa con delicatezza, alzo un angolo del cuscino e tocco il display per illuminarlo: la scritta 5.25 a.m. compare in bianco sul display azzurro. Provo a chiudere gli occhi, ma mi giro e rigiro, e niente, mi torna quel sogno in testa!
Alzo lo schermo del computer, è ancora acceso. Non so che fare quindi lo richiudo, accendo la luce a neon accanto al mio letto, vado in bagno, mi chiudo, accendo la luce ma non devo fare niente; mi siedo sulla vasca e mi torturo le mani come al solito, mi alzo e mi risiedo, mi guardo allo specchio: i miei occhi marroni mi sono sempre piaciuti, sono profondi perchè velano tutto quello che sono al punto che nemmeno io lo so.
Torno a letto ma non riesco a sdraiarmi, quindi sto seduta a pensare e a mordermi le labbra.
6.05, va bene, mi alzo. Vado verso la cucina, sbattendo allo stipite della porta e poi al tavolo; apro il frigo, ma lo richiudo e torno in camera. Accendo la luce, apro l'armadio e prendo un jeans a caso e una maglietta quasi alla cieca, tirandola giù dalla stampella, afferro un reggiseno e un paio di mutande abbinate, perchè presto più attenzione ai completini intimi che indosso fuori. Vado in bagno, mi lavo, mi vesto e torno in camera; afferro la borsa coi trucchi e scavo per trovare il correttore, poi l'eye liner e infine il blush col pennello, mi trucco e mi siedo a spazzolarmi i capelli, perchè è la parte che preferisco e quella più rilassante. Da un paio di anni a questa parte ho tenuto sempre i capelli corti e ora che mi toccano di nuovo le spalle è una sensazione bellissima, come se avessi sempre un qualcosa che mi protegge e mi accarezza le spalle.
Apro lo zaino e faccio scivolare dentro i libri e i quaderni che stanno sulla scrivania e sul letto, poi vado in cucina e pesco nella ciotola-del-resto due euro per la merenda, li metto in tasca insieme alle chiavi, controllo se c'è l'abbonamento nella cover del telefono e metto in tasca anche quello.
Apro il frigo, prendo il latte e lo metto nella taza con un paio di cucchiaini di Nesquik, lo infilo nel microonde mentre metto due fette di pancarrè nel tostapane. Prendo il latte e le fette e mando tutto giù, poi mi lavo i denti e mi fermo a guardarmi allo specchio, sospiro rumorosamente, vado in camera e prendo l'orologio e le cuffiette. E' presto per prendere l'autobus, perchè mancano ancora cinque minuti, ma scendo lo stesso lasciando sul tavolo un biglietto a mia mamma.
Sono le 7.12 e sono seduta alla panchina con il cappuccio della felpa in testa a coprirmi quasi gli occhi e le cuffie nelle orecchie, mentre aspetto l'autobus delle 7.35 senza riuscire a smettere di pensare al sogno, neanche con la musica al massimo che mi entra in testa che praticamente mi sembra un lieve sottofondo musicale a quelle scene che mi si ripresentano di continuo.
Arrivano le prime persone alla fermata, o meglio le seconde perchè ci sto già io, due le conosco ma non mi va di salutarle quindi faccio finta di niente standomene a testa bassa. Alle 7.30 arriva la maggior parte della gente ma non Emme, lei è sempre in ritardo... anzi no, io sono quella che intrattiene l'autista mentre lei arriva all'ultimo minuto!
Sento due persone sedersi vicino a me, alzo la testa mentre qualcuno mi toglie il cappuccio, mi giro prima a destra e vedo Momo con un sorriso da idiota e il telefono in mano, ma sulla mia schiena sento ancora la mano che mi ha tirato giù il cappuccio, quindi mi giro a sinistra e vedo l'ultima persona che mi sarei aspettata lì a quell'ora.
MI sorride e ancora quello sguardo sembra trafiggermi e scheggiare irrimediabilmente quello schermo che i miei occhi hanno costruito per proteggermi. Mi sento come in quella fase di risveglio da un'anestesia: hai gli occhi aperti, guardi ma non osservi perchè hai la vista un pò annebbiata e ti formicola tutto. 
Apre la bocca e dice qualcosa che non capisco, non per le cuffie nelle orecchie, ma perchè sembro chiusa in una bolla, incantata a guardare il suo viso così perfetto; lo guardo in modo spaesato e lui mi sfile con delicatezza le cuffiette dalle orecchie ripetendo la frase, mi devo concentrare sul suono e mi costa un grande sforzo, ma capisco cosa dice: "dovresti far vedere il tuo viso, non nasconderlo con un cappuccio!"; io accenno una risata e rispondo: "per il bene della comunità penso sia meglio che mi nasconda".
Lui mi guarda e si finge sconsolato, poi mi posa una mano sulla spalla destra e mi tira a sè, io glielo lascio fare e mi poggio a lui, godendomi quel momento che vorrei fermare, salvare e custodire per sempre. Ho ceduto per un pò, togliendomi la corazza fredda che ho di solito, e mi sono lasciata scaldare. Vedo l'autobus da lontano e faccio per alzarmi ma lui mi tira e mi porge il casco: "No stai un pò qui, poi ti accompagno io e ti prkmetto che arriveremo in tempo". Vedo Emme arrivare, saltarmi al collo e afferrarmi il braccio per farmi alzare; "No lei resta con me, non ci provare" risponde lui scherzando, lei ride e si raccomanda di non fare tardi mentre corre sull'autobus fermandosi a parlare con chiunque. A lei piace stare sempre in compagnia, è solare e per niente timida, o almeno lo mè, ma non ha paura di mettersi in gioco.
Guardiamo l'autobus allontanarsi in silenzio, poi lui si gira e io abbasso repentinamente lo sguardo. I capelli mi scivolano sul volto proteggendomi dai suoi occhi, ma lui li sposta dolcemente con le dita e me li ferma dietro l'orecchio sfiorandomi la guancia. Mi dice "Che materie hai oggi?", io ci penso un pò, perchè con lui la mia testa se ne va in vacanza e il mio cuore si fa avanti, pecato non abbia memoria o razionalità. "Due ore di matematica, inglese, filosofia e religione" "Interessante! Quindi non ti posso rubare per un'altra ora, peccato" e fa una smorfia che dovrebbe simulare la faccia triste ma lo rende solo buffo perciò rido scuotendo la testa.
Stiamo in silenzio, ma quei silenzi mi piacciono, perchè sono intensi, comunicativi, carichi di qualcosa di profondo, non sono imbarazzanti e vuoti. All'improvviso, tenendo sempre gli occhi fissi su di me, dice: " Hai paura?"; io lo guardo confusa e lui risponde a quello sguardo con un "niente" sbrigativo e liberatorio, ma poi continua "è solo che non permetti a nessuno di avvicinarti veramente, non ti lasci conoscere". Vorrei dirgli che è una sorta di autodifesa, che sì, ho paura di lasciarmi avvicinare per non rimanere ferita, che ho paura di lui e del suo sguardo ma non lo faccio, semplicemente abbasso la testa e dico "Lo so". Lui fa un movimento con le mani che mi fa pensare stia per toccarmi una guarcia per farmi girare il viso verso di lui, ma la traiettoria della sua mano si sposta sulla mia spalla, e la sposta costringendomi a girare il busto verso di lui; alzo lo sguardo afferrando i suoi occhi con i miei. Ha entrambe le mani sulla mie spalle e mi fissa diritto negli occhi, ma sono intenzionata a sostenere quello sgaurdo; poi avvicina il suo viso al mio e i nasi qusi si toccano, ma non mi bacia, si tira un pò indietro e mi poggia le sue labbre sulla guancia allentando la pressione sulle spalle e facendole scivolare lungo la mia schiena, fino ad avvolgermi in un abbraccio. Io ricambio l'abbraccio, poi lui mi mette una mano sotto le gambe e mi prende in braccio mentre si alza. Io protest ma lui ma fa saltare e mi riprende ridendo. 
Mi fa scendere e andiamo verso il motorino. Non so se voglio andare a scuola... voglio stare lì, ma so che non posso e anche lui dovrebbe andare a scuola, anche se non credo arriverà in tempo. 
Manca poco più di un quarto d'ora al suono della campanella, c'è tutto il tempo di andare con calma ma lui accelera sempre di più e in cinque minuti siamo vicino la fermata dell'autobus che è appena arrivato e fa scendere tutti i ragazzi, ma lui non si ferma lì, va avanti e si ferma poco più in là, vicino gli scogli del lungomare. Mi dice "tanto abbiamo un altro pò di tempo", mi fa scendere e andiamo sugli scogli. Il sole è alle mie spalle, e lo vedo riflesso nei suoi occhi, ma mi sembra che stia tramontando messo a confronto con la sua luce, la luce che esce da quegli occhi. Lui guarda il mare, poi guarda me: "Sei come il mare che ci sembra di conoscere, ma in realtà non è così, perchè è profondo e sempre mutevole". Poi si alza e si rimette il casco. Io faccio lo stesso e mi accompagna in motorino fino all'ingresso. Arrivo in classe due minuti prima della campanella, mi metto a sedere al mio banco, spostando la borsa del mio 'vicino'. Mi sfioro la guancia e poi scuoto la testa per scacciare quell'istante che mi torna davanti agli occhi, e per fortuna entra il professore in classe, perciò mi concentro su di lui, anche se non è facile.
Emme mi chiama, la sento, ma fingo il contrario perchè so che mi chiederebbe di quanto successo con lui e non voglio parlarne o mi torturerei da sola, perciò aspetto che smetta o che il professore la riprenda, ma decide di smetterla prima che questo succeda.
Le due ore passano troppo in fretta e suona la terza campanella della giornata, il professore esce e Emme noon mi lascia il tempo di alzarmi per tentare di scappare che mi mette davanti a me decisa a sapere cosa fosse successo; "non provre a scappare, so che vuoi farlo!", sì mi conosceva meglio di quanto si possa immaginare, "Ora voglio spaere tutto".
"Non c'è niente da raccontare..." "Non penso proprio" ribatte lei, "ora stai buona e parli", dato che non posso evitare cerco di evitare i particolari e arrivo al punto che so che le interessa: "Non ci siamo baciati, non mi ha detto ti amo, e no, non stiamo insieme", sembra delusa, "davvero?!" dice e io annuisco, si sposta e mi lascia andare. 
Esco fuori ma c'è troppa gente quindi vado al banco del bidello e mi ci siedo sopra, ma vedo la professoressa arriare quindi entro in classe. 
Arriva la ricreazione e tutti escono a fumare: è il momento che odio di più, perchè tutti vogliono parlare con tutti e sapere i fatti di tutti e sicuro qualcuno mi ha vista, ma se non mi faccio vedere non credo parleranno di me, perciò evito e mi siedo di nuovo al banco del biello con le cuffie nelle orecchie. Non sento la campanella suonare, persa nei miei pensieri, e non noto nemmeno la gente che torna nelle aule in fretta, resto lì, invisibile. Vibra il telefono ma non guardo chi è perchè vedo l'ora e mi precipito in classe, fortunatamente la professoressa non c'è, e per fortuna sia perchè ero sono in ritardo sia perchè mi sono precipitata in classe con ancora le cuffie nelle orecchie! Emme entra in classe mi afferra e mi trascina fuori per un braccio, dicendomi che tanto la professoressa era assente. Ci sediamo sulle scale di emergenza e Emme mi passa un dito davanti la faccia dicendo con convinzione "LUI", la guardo, "che?!" dico e lui mi dice "è lui che mi piace! Guardalo, è fantastico". Dalle scale si vede la 4°B e Emme indica un ragazzo moro che gioca a pallanuoto che conosco bene perchè quando facevamo agonistica insieme aveva provato a baciarmi un milione di volte, ma questpo lei non lo sa, ci siamo conosciute alle superiori. Lui si gira e per fortuna Emme ha appena smesso di indicarla, ma lo stiamo entrambe guardando; lui scuote la mano con aria disinvolta e Emme ricambia il saluto, mentre io continuo a guardarlo solamente, così lui ci riprova, ma io giro lo sguardo. Prendo il telefono per vedere l'ora e mi accoro del segno del messaggio, sto per aprirlo quando qualcuno mi inizia a tamburellare le dita sulla spalla, mi giro e trovo Salvatore, il ragazzo della finestra; "Potresti salutarmi almeno", ride, "non avevo voglia di alzare il braccio" rispondo, lui si siede vcino a me, mi stampa un bacio sulla guancia e mi dice "per questo sono venuto io qui". Emme mi guarda, guarda lui e dice "Vi conoscete?", lui ride e aspetta che sia io a rispondere, ma io ho già preso il telefono decisa a leggere quel maledetto messaggui, così è lui ha dire "Sì facevamo piscina insieme e non mi ha mai concesso un bacio, ho baciato tutte le ragazze del corso, ma non lei" e si gira a guardarmi cercando di vedere il display del mio telefono. La cosa non mi infastidisce, perchè di lui non mi interessa, controllo le notifiche e premo sull'icona del messaggio; leggo il destinatario, scatto in piedi e vado un paio di volte avanti e indietro sul terrazzino fissando il vuoto, mi fermo e guardo il telefono. Fisso il display un paio di minuti e poi digito un banale 'Va bene', poi scrivo a mia mamma per avvertirla dei miei programmi.
Appena esco da scuola scendo verso la strada principale, attraverso e vado sul lungomare; poco distante c'è un piccolo porto che io adoro, perchè è silenzioso e non è nascosto, ma visibile dalla strada, per cui non è tanto pericoloso anche se poco frequentato. In genere mi fermo dopo la scuola quando mamma non torna per pranzo, o nel pomeriggio prendo l'autobus e vado lì a fare i compiti, leggere o disegnare. Mi vibra il telefono nella tasca posteriore dei jeans: 'Emme', credo voglia spiegazioni dopo che sono praticamente scappata da lei e Salvatore e mi sono andata a nascondere nello stanzino del bidello; inoltre all'uscita mi sono catapultata fuori senza guardare nessuno e senza aspettarla. Rispondo ma non ho voglia di sentire i suoi "rimproveri" così taglio corto "Dovevo fare una cosa importante, scusa" e attacco senza lasciarla finire. Guardo l'ora, sono le 13.18, quindi l'autobus è passato e posso andare verso la fermata; così faccio, mi siedo, mi tiro i capelli indietro raccogliendoli in una coda e fermando le ciocche più corte dietro le orecchie e poi metto le cuffie e chiudo gli occhi. Mi lascio andare e ascolto cinque canzoni finchè non sento un rumore, proprio accanto a me, "scusa non volevo disturbarti..." "ma potevi chiamarmi quando sei arrivato" "...mi piaceva osservarti così assorta e tranquilla". Lo guardo e mi domando perchè è così schifosamente e maledettamente dolce e perfetto da mettere i brividi. Posa il casco, che era caduto e nel farlo mi ha fatto ritornare alla realtà, poi mi guarda: "Dove vogliamo andare?", faccio spallucce anche se vorrei dirgli che con lui va bene qualunque posto! Optiamo per i panini, così andiamo a prenderli in un posto vicino la spiaggia. Vuole pagare lui, ma io poso i miei soldi sul bancone e me ne vado senza dargli la possibilità di ribattere. Lasciamo lì vicino il motorino e andiamo in spiaggia, troviamo un posto comodo proprio sotto la montagna e ci sediamo a mangiare. Non riesco a stare ferma e non riesco a finire il panino, così lo incarto, lo infilo nello zaino e mi alzo andando verso il bagnasciuga; lui fa gli ultimi due morsi e mi segue, viene vicino a mi prende la mano, la stringe, ma io no; non riesco a stringere la sua, sono come paralizzata e mi giro a guardare i suoi occhi e nonostante il sole sia alto in cielo a quest'ora, ancora una volta sembra che stia tramontando, come stamattina: un tramonto di mattina.