Fame o... amore?!

'La petite robe noire', il mio profumo preferito; lo afferro premo e sento le gocce accarezzarmi la pelle e investirmi di una barriera invisibile. Vibra il telefono sul letto, capisco e premo il rosso, afferro la borsa e scendo dimenticando la giacca ma penso che farà caldo e non salgo a riprenderla. Apro lo sportello posteriore ma è tutto occupato, da fuori al buio non vedevo; lo richiudo e salgo davanti, allaccio la cinura e butto la borsa per terra ai miei piedi tenendo il telefono in mano. Mi domando perchè si sono seduti tutti dietro quando di solito fanno una lotta per il posto davanti, ma sento qualcuno sghignazzare, per implulso involontario abbasso la testa, anche se non so perchè, e la macchina parte.
Apro lo sportello, entro e mi siedo al tavolo: la sala del ristorante è affollata e capisco che ci vorrà un pò per le ordinazioni.
Guardo l'orologio ed è abbastanza tardi, ma non ci faccio caso. Siamo sei, quattro ragazze e due ragazzi; lui ha organizzato la cena e ora sta intrattenendo tutti i presenti, che sembrano pendere dalle sue labbra: lo fissano senza mai distrarsi in attesa di un suo sguardo; lui guarda tutti, ha carisma e riesce a far sentire tutti partecipi e tirati direttamente in causa. Guarda anche me, ma io evito di incrociare i suoi occhi, sono troppo pesanti da sostenere, così aspetto che passi per guardarlo in modo forzatamente disinvolto e distratto; ma lui si gira all'improvviso e i nostri sguardi sembrano accarezzarsi, mentre proprio sotto lo sterno sento una cosa strana: è il mio stomaco, così mi distraggo per cercare di capire se è fame o la solita gastrite che ogni tanto mi passa a trovare.
Lui continua a parlare e e sembra quasi che tutti i presenti nella sala facciano silenzio per ascoltarlo... o è solo una mia fantasia!
Sento la sua voce come in lontananza, ma la mia mente vaga per conto suo, verso qualcos'altro; ecco, tutto sta nel capire 'altro' a cosa corrisponde perchè sembra che io non stia pensando a niente ma sono convinta di farlo.
Al tavolo vicino a lui c'è Emme(iniziale del nome nonchè soprannome), una mia amica, mentre io gli sto di fronte. Portano la pizza dopo venti minuti, lo so perchè ho ricontrollato l'oroglogio circa dieci volte: quei minuti sembravano non passare mai e ancora sembra che ci siano, trasudando la sua voce e quello sguardo... beh, almeno con la pizza in bocca non si parla!
Emme fa cadere la forchetta urtandola con il gomito e il rumore del contatto tra la forchetta e il pavimento cattura anche quello sguardo, il suo sguardo; ma non si scompone e continua a mangiare mentre lei si abbassa a raccoglierla.
Portano via i piatti e ordiniamo il dolce ma nell'attesa si continua a parlare. Lui sposta un piede che si struscia al mio e lo ferma, così restiamo con i piedi in contatto: anche se sento che dovrei spostarlo non ne ho la forza. Hanno portato i cucchiaini così per distrarmi inizio a giocherellarci con la sua voce in sottofondo e il suo piede che a tratti sembra tremare contro il mio. La ragazza vicino a me, esplodendo in una risata molto sonora (suppongo a una sua battuta), urta il mio braccio destro e io lascio cadere il cucchiaino Alzo lo sguardo verso il gomito e la guardo per rispondere al suo "scusa" detto tra le risate e sposto il tovagliolo che era sulle mie gambe sul tavolo per chinarmi a raccogliere il cucchiaino, ma lui ha già girato intorno al tavolo ed è accovacciato a prendere il cucchiaino.
Alza la testa e gli sguardi si incrociano: ecco gli occhi che mi lasciano sempre gas lacrimogeni nel cervello!
Mi dice qualcosa ma io non capisco, concentrata sulle sue labbra e sui suoi denti, così annuisco debolmente, anche se non so perchè, e sorrido a mia volta, ma leggermente. Lui si drige dall'altra parte dela sala verso un cameriere porgendo il mio cucchiano e dicendo qualcosa, poi si gira e torna a sedersi. Dal momento in cui me lo sono ritrovato accanto alla mia sedia, fino a quando non ha ricominciato a parlare e io a torturarmi le dita ho provato di nuovo quella cosa allo stomaco, ma stavolta avevo mangiato, quindi fame non era.
Finiamo il dolce, prendo il portafogli e poso i soldi sul tavolo, borsa in spalla e esco; desideravo ardentemente afferrare dalla borsa una sigaretta, un accendino e lasciarmi andare alla nicotina che bruciava e mi entrava nei polmoni, invadendo tutto, prendendo il controllo dei miei gesti. Mi rilasso finchè non sento una mano nella mia tasca: mi giro e me lo ritrovo lì che mi sussura "I soldi, offro io!". Non capisco, quindi cerco il suo sguardo che sembra ridere e la sua voce dice "Solo a te ovviamente". Riesco a guardarlo per più di due secondi e mezzo grazie al fumo nei polmoni: non devo preoccuparmi di respirare, devo solo lasciarmi andare, buttare tutto fuori, liberarmi di quel peso... a quale peso pensavo in quel momento?
Mi sento in uno di quei film in cui tutto sembra così palese che solo i tizi non se ne accorgono, e ho sempre immaginato fosse tutto puramente costruito e irreale: ma stava succedendo a me, quindi non è poi tutto così finto e programmato!
Ci sediamo al bar, lui sta accanto a me, ma reggo meglio la sua presenza grazie ai tre bicchieri di vino di prima in pizzeria e al cocktail malibu e ananas che erano in circolo. Mi posa una mano sul ginocchio e mi sembra il momento adatto a scappare: apro il porta sigarette, arraffo l'accendino che ho visto sul tavolo, anche se non so di chi è, e esco.
La prima sensazione è stata l'aria fresca che mi pizzicava il naso e arrivava al cervello, facndomi calmare; mi lascia andare inspirando profondamente finchè non sento una mano sulla mia spalla sinistra e una voce così familiare che mi ha ronzato inn testa tutta la sera. "Ehi", mi dice mettendosi alla mia destra, "Ehi" rispondo io automaticamente, "Fresco oggi eh?!" dice osservando la pelle d'oca sulle mie braccia, "Eggià" rispondo senza pensare, non avevo neanche freddo!
Mi passa un braccio intorno e lascia scivolare su e giù la mano sul mio braccio più esterno, mentre si appoggia col busto sull'altro come per creare uno schermo contro il freddo, ma un brivido mi percorre comunque la schiena e mi fa scrollare le spalle.
Mi lascio trasportare da quel momento cercando di identificarne un sapore o un odore: cannella, quell'odore che si impossessa dei tuoi sensi, è travolgente, ti porta quasi la nausea e ti annebbia la mente, e quel sapore che ti resta in bocca, persistente e vivido. Era esattamente così quel momento, avevo quella strana cosa allo stomaco e non saoevo se dovevo vomitare o no.
Mi giro a guardarlo e i suoi occhi accarezzano i miei e ho come l'impressione che se qualcuno in quel momento avesse messo le mani tra i nostri visi avrebbe potuto toccare quello sguardo; si era materializzato e mi sentivo quasi formicolare gli occhi per quella intensità.
L'aria era fredda ma io sentivo che tutto intorno a me si sarebbe liquuefatta per quanto ero bollente, come se emanassi calore... o era il suo calore?
E pensare che quell'altro idiota mi ha sempre detto che tra noi c'era qualcosa... ecco cosa! Cioè quella cosa, la sensazione assurda era quel qualcosa che diceva!
Ok, giro assurdo di parole. Insomma la strana sensazione erano le farfalle nello stomaco di cui tutti parlavano, ma non erano mica così piacevoli! Mi sembrava di avere uno sciame di qualcosa che si agitava e mi solleticava dall'interno con le loro alette.
Poi d'improvviso mi ritrovo la mia borsa spalmata in faccia e un colpo dietro la testa accompagnato da un "E' ora di andare".
Prendo la borsa consapevole che la magia per stasera era finita.